Umbria, il Pil è fra i peggiori d’Italia. Tiene l’edilizia, ma il Pnrr è in affanno

Umbria, il Pil è fra i peggiori d’Italia. Tiene l’edilizia, ma il Pnrr è in affanno

Umbria a fondo con il Pil. La pietra tombale sull’ultimo quadriennio la mette la Svimez, l’agenzia per lo sviluppo dell’impresa nel Mezzogiorno che certifica come la regione sia la terzultima in Italia quanto a performance economiche nel periodo 2019-2023,

Il Pil reale della regione ha subito una contrazione del 2,5 percento, con una crescita quasi piatta stimata per il 2023 (+0,3), inferiore alla media nazionale del +0,6 percento. Peggiori risultati si osservano solo in Valle d’Aosta (-4,8) e Molise (-5,7). La pandemia ha sicuramente inciso, ma lo ha fatto in tutte le regioni e che l’Umbria sia tra quelle che più ne hanno risentito è un dato di fatto. Anche perché a livello nazionale, il Pil è invece cresciuto del 3,5% nello stesso periodo, con differenze significative tra le macroaree: il Nord-Est ha registrato un +5,1 percento, mentre il Centro e il Mezzogiorno si attestano rispettivamente a +1,7 percento e +3,7 percento.

In questo contesto, l’edilizia e le costruzioni fanno segnare la controtendenza, grazie all’effetto del Superbonus: crescita del 14.3 percento contro la media nazionale del 31 Un dato positivo ma che nella classifica delle 20 regioni è comunque l’ultimo. Questo dà la dimensione dell’apporto che edilizia e costruzioni danno al Pil del Paese: anche nel centro Italia gli investimenti in costruzioni continuano a crescere (la stima per il 2023 è del 12 percento del Pil a prezzi costanti contro il 7,5 del 2019) ma nella classifica delle 20 è l’ultimo. Il dato del solo 2023, crescita del 4.8 vede invece l’Umbria in risalita netta (è in posizione medio-alta)

Segnano il passo invece settori chiave come agricoltura e industria, con i servizi sostanzialmente stabili

Reddito, consumi e occupazione: segnali contrastanti

Segnali d’allarme sul fronte consumi: le famiglie umbre fanno segnare -0,8 nel quadriennio in esame a fronte invece del dato leggermente positivo a livello nazionale (0,3). Nel solo 2023, i consumi sono saliti proprio dello 0,3 ma sempre molto meno che la media nazionale (1,2).

. Sul fronte occupazionale, le costruzioni fanno segnare nel quadriennio una crescita del 12,1 percento (unico settore che cresce insieme all’industria in senso stretto), un dato discreto rispetto alla media nazionale del 16 e superiore rispetto quella del Centro Italia (11). Ma per i primi due trimestri del 2024, Svimez prevede un leggero calo (-8 percento) con una risalita dei settori in crisi, in primis l’agricoltura. Nel Centro Italia, gli occupati del comparto sono cresciuti di circa 6000 unità nel quadriennio 2019-2023

Lavoro: crescita dei contratti stabili

Un dato positivo emerge dall’aumento dei contratti a tempo indeterminato, che in Umbria – qui parliamo di contratti in generale, non solo nel comparto di competenza Filca – hanno segnato un +7,7 percento tra il 2019 e il 2023. Dunque una inversione di tendenza rispetto alle fasi precedenti di ripresa economica, caratterizzate da una predominanza di contratti a termine.  

Indicatori del mercato del lavoro

Per quanto concerne infine gli indicatori principali del mercato del lavoro, l’Umbria fa segnare un tasso di attività sostanzialmente stabile nella variazione fra 2019 e 2023: 70,7 contro 70,6 percento.  Lo stesso dicasi per quello di occupazione che cresce di appena 2 punti 866,5 contro 64,5). Come è evidente, se si tira un sospiro di sollievo per aver evitato la discesa in picchiata, non si può certo sorridere per una regione che ha di fatto ristagnato. Anche perché se scende la disoccupazione generale g (dall’8,5 al 6), quella giovanile pure in discesa è ancora molto alta (18,3 nel 2023 contro il 26,5) e la pone fra le peggiori del centro Italia (fa peggio solo il Lazio, dove però il dato è fortemente sbilanciato dalle province più meridionali). I Neet sono scesi invece al 10 percento dal 13,7 precedente.

Interessante anche l’indicatore relativo ai percettori del reddito di cittadinanza. Il dato riguarda ovviamente il biennio 2022-2023: in Umbria i nuclei sono scesi da 15.641 a 12.296 e quindi le persone coinvolte da 31.219 a 22.969. L’importo medio è però cresciuto a 502 euro contro i 499 precedenti.

Skill mismatch

Il rapporto della Svimez dedica un capitolo a parte al cosiddetto skill mismatch, ovvero alla mancanza di professionalità adeguatamente qualificate nei vari comparti. In Umbria nel 2023 su 600 contratti pronti per l’attivazione da profili usciti dai cosiddetti Its si sono riscontrati appena 182 diplomati per un mismatch di 418.

Pnrr e pubblica amministrazione

Infine, uno sguardo alla pubblica amministrazione. Non riguarda direttamente l’edilizia ma è strettamente connessa all’attivazione dei bandi del Pnrr. L’Italia qui è in forte affanno e l’Umbria ovviamente non fa eccezione. La realtà regionale, infatti, con comuni tutti sotto i 200.000 abitanti fa segnare una ecatombe sul fronte dei dipendenti comunali: un calo generalizzato fra il 15 ed il 20 percento, con un tasso di turnover bassissimo (inferiore a 0,5 percento dovunque) che mette ovviamente in difficoltà anche l’attuazione dei progetti di rilancio. Non va meglio in Regione. In Umbria ci sono attualmente 12,5 dipendenti ogni 10.000 abitanti con una variazione negativa del 2,5 percento. Su base decennale, l’Umbria ha perso il 18,3 percento dei dipendenti, anche qui con un ricambio pari allo 0,08 percento. In tutto questo l’Umbria ha un Pnrr nel quale il 94,2 percento dei progetti sulle infrastrutture a titolarità dei comuni e il 63,3 percento di questi in ambito sociale (strade, valichi e quant’altro) e il 5,7 in quelle ambientali e idriche. Ne sono stati avviati il 67,7 percento e conclusi appena l’1,4 percento sugli avviati e lo 0,9 sul totale.