Studio sulla redistribuzione della ricchezza: il lavoro penalizzato rispetto al capitale
di Giuliano Bicchieraro*
Un recente studio condotto da un team di docenti dell’Università La Sapienza di Roma, coordinato dal professor Riccardo Gallo, ha evidenziato un fenomeno preoccupante di redistribuzione della ricchezza dal lavoro al capitale. L’analisi, che prende in esame il periodo 2019-2023, mette in luce come le aziende abbiano registrato un incremento significativo del volume d’affari (+34 percento) e del valore aggiunto prodotto (+33 percento), ma la ripartizione dei profitti racconta una storia di disuguaglianza crescente.
Secondo lo studio, l’80 percento dei profitti generati in questi anni è stato distribuito tra i soci sotto forma di dividendi, mentre solo il restante 20 percento è stato reinvestito per migliorare le condizioni aziendali o per investimenti finanziari. Questo modello di redistribuzione penalizza i lavoratori, i principali artefici della creazione di valore aggiunto, e contribuisce a consolidare un sistema economico sempre più sbilanciato a favore del capitale.
L’importanza della partecipazione attiva dei lavoratori
La Filca-Cisl, sottolinea la necessità di invertire questa tendenza, definendola iniqua e non più sostenibile. Pur riconoscendo il diritto legittimo di chi investe a ottenere un ritorno economico, i rappresentanti sindacali insistono sull’urgenza di garantire una redistribuzione più equa della ricchezza prodotta.
Uno degli strumenti indicati per affrontare il problema è il potenziamento della contrattazione di secondo livello. Mentre il contratto nazionale permette ai lavoratori di recuperare il potere d’acquisto perso durante la vigenza del contratto, esso non garantisce una redistribuzione diretta della ricchezza aggiuntiva prodotta dalle aziende.
Le proposte per un’economia più equa
L’obiettivo della Filca-Cisl è quello di promuovere un modello di partecipazione aziendale che consenta ai lavoratori di condividere i benefici economici derivanti dall’aumento della produttività e del valore aggiunto. Attraverso la contrattazione di secondo livello, i lavoratori potrebbero accedere a premi di risultato o ad altre forme di redistribuzione legate direttamente ai profitti aziendali, contribuendo così a ridurre il divario tra capitale e lavoro.
É giunto il momento che i lavoratori possano essere coinvolti nell’organizzazione del lavoro per garantire affidabili parametri di riferimento rispetto alla produttività e alla redditività delle imprese.
Visto che le aziende investono in ammodernamento e organizzazione del lavoro meno del 20% del profitto, e che i lavoratori italiani sono tra quelli a livello di Unione Europea che lavorano più ore settimanali, emerge chiaramente di chi è la responsabilità dell’attuale mancato aumento della produttività delle imprese.
In un contesto in cui la concentrazione della ricchezza continua ad aumentare, è fondamentale promuovere un dialogo sociale che riconosca il ruolo centrale dei lavoratori nella creazione di valore. Solo attraverso un equilibrio più equo tra capitale e lavoro sarà possibile costruire un sistema economico più equo.
(*)= segretario generale Filca Cisl Umbria