Europeo, in gran parte cristiano, la metà sono donne: ecco l’identikit dello “straniero” in Umbria
I popoli in cammino frenati dalla burocrazia e dalla difficoltà nell’ottenere la cittadinanza. Una situazione che ovviamente si ripercuote fortemente anche sul fronte della possibilità di trovare un lavoro stabile. Questa situazione, che rende chiara la difficoltà del percorso dell’integrazione degli stranieri in Umbria è emersa dalla recente presentazione del rapporto Caritas Migrantes in Umbria al Villaggio Caritas a Perugia
In totale gli stranieri in Umbria sono 89.737, di cui 40.949 maschi (il 45,6 percento) contro 48.778 femmine (54,4). La somma totale è pari al 10,5 percento della popolazione, con un incremento dell’1,3 rispetto all’anno precedente. Eppure, i permessi di soggiorno in corso di validità, a marzo 2024, erano appena 65.000. Esiste quindi una zona grigia composta da circa 25.000 stranieri, molti dei quali non sono propriamente irregolari ma in attesa del rilascio o del rinnovo del permesso o inseriti nel sistema di accoglienza diffuso nel territorio.
“La prevalenza femminile – sottolinea Vito Simone Foresi, direttore ufficio Migrantes Perugia – è già un indicatore su come nel tempo sia maturata in Regione una maggiore facilità di integrazione per le possibilità di impiego in lavori riguardanti servizi alla persona o in ambito domestico, dove migliori sono le possibilità di emersione dall’irregolarità rispetto ad altri settori lavorativi, appannaggio della componente maschile”. Di questa popolazione straniera, nella provincia di Perugia risiedono 64.360 persone che rappresentano il 71,7 percento del totale rispetto al 28,3 percento di residenti nella provincia di Terni.
“Il dato sui permessi di soggiorno- prosegue Foresi – getta invece una luce sul problema della lentezza ed estrema farraginosità che affligge il sistema delle procedure burocratiche e amministrative necessarie per il rilascio dei documenti o il riconoscimento dello stato di protezione internazionale”. E aggiunge: “questo rappresenta il vero ostacolo verso un processo di integrazione nelle società di accoglienza e, nella maggior parte dei casi, del pieno ed effettivo riconoscimento di un effettivo diritto alla cittadinanza”.
Nessuna invasione, tantomeno islamica
Particolarmente chiaro un concetto: al di là delle narrazioni, non c’è alcuna invasione, tantomeno di islamici visto che la stragrande maggioranza di quelli sul territorio regionale sono cristiani, cattolici oppure ortodossi. I rumeni – addirittura cittadini della Unione Europea – sono la comunità più numerosa, ben 22.000 persone, seguita da quella albanese e da quella marocchina. I flussi più recenti verso l’Umbria hanno riguardato proprio migranti di fede cattolica e ortodossa, particolarmente come è evidente gli ucraini in fuga dalla guerra.
Nelle scuole umbre ci sono 17.000 alunni non italiani, 15 percento del totale, intendendo per tali anche bambini e ragazzi nati e cresciuti in Italia da famiglie straniere senza ancora la cittadinanza italiana: l’Umbria è la seconda regione, dopo il Veneto, per percentuale di alunni in questa condizione: 69,9 percento rispetto alla media nazionale del 65,4 percento.
Il rapporto ha esplorato anche le loro forme di espressione, come la musica hip hop, che crea neologismi e testi scritti in più lingue, accorciando le distanze ed eliminando la paura del diverso.
Immigrazione come risorsa, contro le narrazioni distorte
Monsignor Ivan Maffeis, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve sottolinea: “Come comunità cristiana non possiamo fermarci alle emergenze esistenziali. Lavoriamo insieme – ha detto – per preparare le basi di una società che sia multirazziale, capace di convivere in pace e riconoscere nel fenomeno migratorio un’occasione provvidenziale, un appello a un modo più fraterno e solidale”. Gli fa eco monsignor Pierpaolo Feliciolo, direttore generale di Migrantes: “L’immigrazione se gestita con saggezza e umanità è un’opportunità per crescere e superare la paura e il pregiudizio. Il Papa dice che è un peccato grave promulgare
leggi che lavorino solo in ottica di respingimento, bisogna lavorare soprattutto sull’accoglienza. L’Italia a oggi è un mosaico di volti, resilienza e speranza”.
Focus anche sul fatto che il problema attuale non è la popolazione che arriva ma quella italiana è partita dal dopoguerra ad oggi e continua a partire, attualmente superiore per cifre: “Questo scardina- dice don Marco Briziarelli, direttore della Caritas perugina – uno stereotipo che ci portiamo dietro dove l’immigrato è quello che ci viene a togliere possibilità. C’è da fare tanta cultura di carità e di accoglienza e vanno tolte le paure. Tante difficoltà che noi incontriamo derivano dalle paure che ci vengono a più livelli trasmesse. Il diverso è una occasione, una ricchezza, un confronto e una crescita e non un problema. Se ci confrontiamo cresciamo se restiamo separati ci guardiamo a distanza”. Simone Varisco, direttore della ricerca, aggiunge: “Bisogna affrontare la questione senza comunicazione allarmistica e strumentazione ideologica. Serve una legge sulla cittadinanza perchè aiuterebbe anche sul fronte lavorativo”